Quale spazio per gli italiani all’estero nel percorso di riforma delle istituzioni italiane?
Il percorso delle riforme istituzionali, fin dai primi passaggi indiretti, qual è il provvedimento sul superamento delle Province, in discussione in Parlamento in queste ore, si è rivelato ben presto impervio e pieno di insidie. Non era difficile immaginarlo, proprio per la profondità del progetto di cambiamento che ne è alla base e per l’obiettiva difficoltà di arrivare ad un risultato con il consenso anche di un ramo del Parlamento – il Senato – nel quale i numeri sono più stretti e le prospettive più incerte. Naturalmente è presto per tirare le somme di un percorso che è ancora ai primi passi e per valutare con realistica approssimazione le ipotesi che vengono avanzate. Ma, a mio avviso, non è presto, anzi rischia di essere addirittura un po’ tardi, per porsi una domanda di fondo: in tutta questa partita delle riforme istituzionali, qual è lo spazio e il ruolo che sarà riconosciuto ai cittadini italiani residenti all’estero? Siamo di fronte a scenari inediti fino a qualche tempo fa, nuovi anche rispetto alla non lontana fase dei “saggi” di Napolitano e Letta che, tanto per eliminare il problema alla base, avevano proposto l’abolizione pura e semplice della circoscrizione Estero. Per questo le considerazioni che sto per fare sono un semplice contributo ad una discussione aperta che è bene che si sviluppi liberamente o, se credete, una sollecitazione ad un dialogo che mi auguro possa coinvolgere anche alcuni dei lettori di questo giornale. Il nuovo punto di partenza, come è noto, è la proposta di superare il bicameralismo perfetto trasformando il Senato in Camera delle autonomie, regionali e comunali. Poiché si tratterebbe di un organismo eletto non a suffragio diretto, ma indiretto, vale a dire con rappresentanti scelti tra presidenti di regione, sindaci dei comuni e consiglieri delle une e degli altri, da questo nuovo Senato scomparirebbero i sei eletti nella circoscrizione Estero. Oltre alle motivazioni di natura strettamente elettorale, qualcuno aggiunge che essendo il nuovo Senato una Camera rappresentativa dei territori, è giusto che non ci siano i rappresentanti della comunità italiana all’estero, non potendo facendo essi riferimento ad un territorio definito. In più, i cittadini italiani all’estero hanno un profilo giuridico eminentemente “nazionale”, che mal si adatterebbe al riferimento di tipo regionale e locale che sarebbe alla base della riforma. Qualche altro avanza un’ulteriore considerazione: uno degli obiettivi di questa maggioranza e di questo governo è la riduzione del numero dei parlamentari, sempre evocata e mai realizzata. Con l’eliminazione dei senatori, la rappresentanza parlamentare complessiva si ridurrebbe grosso modo di un terzo (dagli attuali 945 a 630), sicché l’eliminazione dei sei senatori dell’estero sui 18 rappresentanti previsti risponderebbe ad un criterio assunto per tutti, sarebbe in sostanza la quota di sacrificio addossata ai cittadini italiani all’estero. Senza sottovalutare il peso di queste motivazioni e senza alcuna presunzione di discettare di cose così complesse, confesso di non trovare del tutto convincenti queste ragioni. E vorrei dire perché.
L’elezione di secondo grado non è un totem, anzi viene avanzata più che altro per motivazioni di risparmio. Ora, se si pensa di lasciare il sistema di elezione per i deputati collegato alla circoscrizione Estero, magari riformandolo mediante l’introduzione della richiesta di voler votare per corrispondenza, dal punto di vista dei costi non ci sarebbe alcuna spesa in più aggiungendo la scheda per il Senato a quella della Camera. Forse più insidiosa è l’idea di escludere coloro che non fanno riferimento ad un determinato territorio. Tuttavia, non credo che nell’epoca della rivoluzione delle tecnologie mediatiche si possa intendere il territorio in termini prevalentemente fisici. Se il territorio delle regioni è quello su cui insistono i cittadini italiani connotati da una determinata storia e da vicende comuni avvenute in una particolare delimitazione amministrativa, non credo che sarebbe eccessivo parlare di una “regione virtuale”, quella che raccoglie la comunità dei cittadini italiani presenti nel mondo.
Questa “regione virtuale” ha alle spalle una vicenda storica non meno significativa e un sistema consolidato di relazioni con il Paese, anche di natura amministrativa attraverso la rete consolare, che andrebbe salvaguardato per un principio di parità sostanziale tra gli stessi cittadini. Ma al di là degli equilibri e delle tecniche normative, vi è un punto sostanziale da salvaguardare. Le nostre comunità negli ultimi decenni hanno conosciuto un’assidua presenza delle Regioni italiane, qualche volta in modo positivo, qualche altra in modo meno positivo. Questa esperienza non è calata dal cielo, ma è stata semplicemente il frutto delle competenze che le Regioni hanno acquisito fin dal loro nascere sui temi dell’emigrazione, del turismo e quant’altro. Tenere saldo questo dialogo, anzi svilupparlo, è un interesse dell’Italia, non degli italiani all’estero, perché può dare molti frutti e vantaggi, soprattutto in un momento critico come questo. Allora, Senato o non Senato, credo che tutti dovrebbero adoperarsi per fare in modo che dove si parla della promozione e del coordinamento dei territori, cui siano anche gli italiani all’estero, non per una concessione di tipo corporativo, ma perché è obiettivamente utile. Non risponde, poi, ad alcun parametro obiettivo il fatto di dire che gli italiani all’estero, se conservassero gli attuali livelli di rappresentanza, sarebbero esclusi dalla riduzione complessiva della rappresentanza.
Voglio ricordare che nella situazione attuale il rapporto di rappresentanza dei cittadini residenti in Italia è grosso modo di 1 eletto per 130.000 cittadini, mentre lo stesso rapporto per gli italiani all’estero è di 1 per oltre 330.000 cittadini, vale a dire di tre volte maggiore. Questo significa che conservando l’interezza della rappresentanza attualmente prevista nella Costituzione, si modificherebbe solo in parte il dislivello che esiste a scapito dei cittadini residenti all’estero. Comunque, se questa ipotesi di lasciare nella Camera fondamentale, quella per capirci che dà la fiducia al Governo e che vota le leggi fondamentali dello Stato, resisterà al confronto e alle prevedibili tensioni sui temi delle riforme nelle prossime settimane saremo certamente di fronte ad un riconoscimento importante. In realtà, il nodo è sempre quello e possiamo guardare con soddisfazione al fatto che non si pensi di scioglierlo con un colpo d’accetta: i cittadini italiani all’estero sono cittadini di pieno diritto davanti alla Costituzione e, dunque, hanno come tutti gli altri la facoltà di esprimere un voto pieno, concorrendo alla formazione del Parlamento, qualunque sia il profilo che gli si intenda dare, e alla espressione di una diretta rappresentanza.
La circoscrizione Estero fu concepita, poco più di un decennio fa, per rendere effettivo questo diritto primario e per passare dalla finzione di un voto che si poteva esprimere solo attraversando gli oceani nei seggi dei comuni ad un voto reale. Questo è l’ancoraggio da cui ogni soluzione non dovrebbe allontanarsi per non correre il rischio di perdersi in mare aperto. A mio avviso, la ricaduta del voto all’estero sui collegi italiani, oltre che essere tecnicamente quasi impossibile, sarebbe riduttiva e priverebbe circa 5 milioni di cittadini di una loro legittima rappresentanza. Piuttosto, se si vuole che nel processo delle riforme costituzionali si guardi agli italiani all’estero senza ombre e con la certezza di vedere riconosciuti i loro diritti su un piede di completa parità, si metta mano alla riforma del voto per corrispondenza in modo da metterlo al riparo da sospetti e critiche. Le condizioni per farlo ormai vi sono. Il Gruppo del PD, sia alla Camera che al Senato, ha già avanzato la proposta di una serie di correzioni alla legge n. 459 sul voto per corrispondenza, alla quale ho apposto anche la mia firma. Con questa proposta, che contiene una serie di misure di salvaguardia, si pensa soprattutto di rendere certa la platea degli elettori, ancora pendolante tra gli elenchi AIRE e quelli consolari, e di evitare che centinaia di migliaia di plichi girino per il mondo senza la certezza di un preciso destinatario. A nostro avviso, sarebbe bene operare come altri paesi stanno già facendo, vale a dire lasciare all’elettore la facoltà di richiedere di voler votare per corrispondenza, indirizzando il materiale ad un indirizzo preciso e certo e lasciando all’interessato la possibilità di verificare che nessuno approfitti della sua scheda. Rendere il voto più certo e più vicino alle prerogative richieste dalla Costituzione è un bene per noi e per una buona fisiologia della democrazia italiana, che di problemi già ne ha parecchi per suo conto. Naturalmente, in questo ragionamento sulla rappresentanza degli italiani all’estero vi sono anche gli altri livelli, di base (COMITES) e intermedio (CGIE), ma di questo magari parleremo quando avremo capito di più dell’indirizzo che prenderà il corso delle riforme costituzionali. Ecco, queste sono semplicemente riflessioni e spunti di discussione, senza la pretesa di tirare conclusioni prima di un confronto vero. Questo confronto avverrà certamente a livello politico e parlamentare, ma se si aprisse un circuito di dialogo più ampio, anche con i cittadini, sarebbe certamente meglio per tutti.
(Francesca La Marca, America Oggi del 30 marzo 2014)
CAMERA DEI DEPUTATI
BENE GLI AUMENTI AI LAVORATORI MA NON DIMENTICARE I PENSIONATI
L’auspicio dei deputati Porta e La Marca
Gli 80 euro al mese promessi da Renzi andranno solo ai lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi. Ancora ferma la nostra proposta di legge che combatte il fenomeno degli importi pensionistici irrisori e prevede l’aumento dell’importo minimale delle pensioni in convenzione internazionale.
Se da una parte il prossimo aumento promesso in busta paga di circa 80 euro per i lavoratori dipendenti italiani è un fatto positivo, dall’altra siamo rammaricati che in questa fase siano rimasti esclusi dagli aumenti i pensionati (anche quelli residenti all’estero) e tra questi soprattutto coloro i quali sono titolari di pensioni minime. Stiamo parlando di milioni di persone che non godranno alcun taglio del cuneo fiscale sia perché soggetti non beneficiari del piano del Governo sia perché titolari di redditi al di sotto della “no tax area” (i cosiddetti incapienti) i quali non dovendo pagare tasse non potranno godere di una loro riduzione. Si tratta comunque di persone che fanno valere redditi molto bassi e che avrebbero bisogno più degli altri di un aiuto economico. L’intervento del Governo, che prevede una distribuzione di 7,5 miliardi di euro sarà limitato (se non interverranno modifiche in Parlamento) agli stipendi dei lavoratori dipendenti mediante l’aumento delle detrazioni fiscali sul lavoro dipendente o tramite la riduzione dei contributi previdenziali a carico del lavoratore. Purtroppo la mancata previsione di bonus per i redditi da pensione è un approccio che rischia di non rispettare i principi di equità sociale. Secondo il Governo i pensionati resteranno esclusi dai benefici perché, data la quantità di risorse disponibili, se si fossero spalmati tali benefici su una platea più ampia si sarebbe inevitabilmente ridotto l’importo degli aumenti, fino a renderlo irrilevante.
Rimane il fatto che gli importi di milioni di pensioni, anche quelle maturate dagli italiani residenti all’estero, sono spesso così irrisori che non consentono – come previsto dall’articolo 38 della Costituzione italiana – che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita dei pensionati.
Per i pensionati italiani residenti all’estero la situazione è spesso più drammatica di quella dei residenti in Italia (soprattutto per i nostri connazionali residenti in Paesi extracomunitari ed in particolare in America Latina) anche a causa delle norme italiane succedutesi nel tempo che hanno praticamente portato al congelamento o all’inesportabilità del trattamento minimo pensionistico. Sono infatti decine di migliaia le pensioni pagate dall’Inps all’estero di importi insignificanti. Proprio per questo motivo abbiamo presentato alcuni mesi fa una proposta di legge (primo firmatario Porta) per elevare l’importo minimale delle pensioni in convenzione ad un livello ragionevole e dignitoso. La proposta non è stata ancora calendarizzata ma noi non disperiamo e continueremo a sensibilizzare e sollecitare il Governo per la soluzione dei problemi veri e urgenti delle nostre collettività emigrate.
IL COINVOLGIMENTO DELLE COMUNITA’ NELLE POLITICHE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE E’ DI GRANDE INTERESSE PER L’ITALIA
Il 25 marzo sono intervenuta nel corso dell’audizione del Presidente dell’ICE Dott. Riccardo Maria Monti, svoltasi nel Comitato per gli italiani nel mondo della Camera a conclusione dell’indagine fatta dallo stesso Comitato, presieduto dall’on. Fabio Porta, sulla promozione del Sistema Paese. Ho concentrato il mio intervento sulla novità che la legge di conversione del decreto Destinazione Italia ha introdotto nel rapporto tra le politiche di internazionalizzazione e le comunità italiane nel mondo. “Quando parliamo di comunità – ho ricordato nel corso dell’Audizione – non ci riferiamo solo a un prezioso mercato di riferimento composto da milioni di persone che guardano a tutto ciò che è italiano, in particolare al marchio italiano, con disponibilità e simpatia. Prima ancora, siamo a cospetto di un fattore di affermazione di un modello di vita e di uno stile che ormai da oltre un secolo ha fatto la sua strada in alcune importanti aree del mondo. Questo modello si è affermato non solo nell’ambiente d’origine, ma anche tra gli stranieri che sono entrati in contatto, tramite gli italiani, con il nostro cibo, con il modo di vestire, con il racconto delle nostre bellezze naturali e paesaggistiche, con la nostra cultura”. In considerazione di tutto ciò, mi sono fatta promotrice, assieme agli altri colleghi del PD eletti all’estero, di un emendamento sostanziale al Progetto Destinazione Italia, emendamento approvato e incorporato nella legge, che prevede il formale coinvolgimento delle comunità e delle loro rappresentanze nei progetti di internazionalizzazione del paese. Il testo recita: “Nei progetti e attività di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese italiane e di promozione dell’immagine del prodotto italiano nel mondo, adottati dai Ministeri competenti per materia e attuati dalle strutture decentrate dello Stato, nonché dagli enti pubblici operanti nel campo della commercializzazione e del turismo, ai fini di una più ampia promozione delle iniziative, si prevede, ove possibile, il coinvolgimento delle comunità d’origine italiana presenti all’estero e, in particolare, degli organismi di rappresentanza previsti dalla legge 23 ottobre 2003, n. 286, in materia di regolamento del funzionamento dei COMITES, e dalla legge 6 novembre 1989, n. 368, e successive modificazioni, sull’istituzione e il funzionamento del Consiglio generale degli italiani all’estero (CGIE)”. Alla luce di questa importante novità, ho chiesto al Presidente Monti in che modo egli pensa che si possano coinvolgere non con passaggi formali, che sarebbero un inutile appesantimento, ma in modo reale le nostre comunità e le loro rappresentanze nei progetti di promozione dell’Italia nel mondo. Nella replica, il Presidente Monti ha risposto che l’ICE guarda a questa possibilità solo in termini di coinvolgimento locale, in sostanza nella realizzazione delle iniziative, e non in termini di dialogo nella definizione e nella impostazione operativa dei progetti. Resta dunque aperta la valutazione di come possano intervenire organismi di competenza generale e continentale come il CGIE. A commento, ho dichiarato: “Una strada si è aperta con il nostro emendamento. Si tratta ora di valutare tutti insieme quali e quanti passi concreti si riusciranno a compiere lungo questo cammino che riveste una grande utilità per l’Italia più che per gli italiani all’estero”.
ACCORDI FISCALI CON COSTA RICA E REPUBBLICA DOMINICANA: UN PERCORSO COMPLESSO MA ATTUABILE
Accolgo con interesse, ma con la dovuta prudenza, l’impegno che i Ministeri delle Finanze, del Lavoro e degli Affari esteri, tramite il sottosegretario Mario Giro, hanno assicurato nella risposta all’interrogazione che Fabio Porta ed io avevamo recentemente presentato per sollecitare la stipula di convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali con i Paesi del centro e sud America dove vivono importanti collettività di emigrati italiani e dove operano migliaia di imprese italiane. In particolare per quanto riguarda i Paesi facenti parte della Ripartizione che rappresento nel Parlamento italiano, e cioè la Costa Rica e Repubblica Dominicana, avevo sottolineato come l’assenza di convenzioni bilaterali non solo crea problemi di potestà impositiva e di doppia tassazione per le numerose collettività di emigrati, lavoratori e pensionati, che si spostano dall’America latina in Italia e viceversa, ma può compromettere e limitare anche l’avvio di attività economiche e finanziarie di imprese italiane e latino americane che rischiano un’applicazione incerta o penalizzante di norme che se invece fossero regolate da una convenzione eliminerebbero le doppie imposizioni sui redditi e/o sul patrimonio dei rispettivi residenti e contrasterebbero l’elusione e l’evasione fiscale. Nell’interrogazione avevamo chiesto quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per venire incontro alle pressanti richieste delle collettività italiane residenti in Costa Rica e Repubblica Dominicana (Paesi ancora non convenzionati) e delle migliaia di imprese italiane interessate a svolgere un’attività economica in quei Paesi, che beneficerebbero, senza costi per l’erario italiano, dalla stipula delle convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali. Il sottosegretario agli Esteri Mario Giro ha risposto che l’Italia sta assumendo una serie di iniziative per la stipula di accordi contro le doppie imposizioni fiscali con numerosi Paesi del centro e sud America. Con la Costa Rica è stato negoziato un accordo di informazioni in materia fiscale (cosiddetto TIEA) tecnicamente concluso nel 2011. Tuttavia la Costa Rica è tuttora soggetto allo scrutinio del Global Forum sulla trasparenza e lo scambio di informazioni in materia fiscale che una volta concluso consentirà l’avvio di trattative per un accordo fiscale più completo. Quanto alla repubblica Dominicana, l’esame in sede di Global Forum non è ancora iniziato ma il Governo nella sua risposta alla nostra interrogazione, anche se non indica se al momento siano in corso negoziati, riferisce che Costa Rica, Repubblica Dominicana, Ecuador, Perù ed Uruguay stanno attualmente seguendo un progetto alla Commissione Affari fiscali delle Nazioni Unite, finalizzato a rafforzare le competenze dei Ministeri delle Finanze e delle Autorità nazionali competenti in materia fiscale dei Paesi in via di sviluppo, al fine di metterli effettivamente in grado di negoziare, interpretare e gestire i Trattati sulle doppie imposizioni. Auspichiamo che le nostre pressioni possano rappresentare un piccolo ma importante contributo alla realizzazione delle politiche del Governo italiano in materia di convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali.
INCONTRI DEL MESE DI MARZO
INCONTRO PRESSO IL CIRCOLO PD DI NEW YORK
Il 16 marzo scorso ho incontrato a Manhattan i componenti del circolo del PD di New York a conclusione del congresso di circolo, che ha eletto il nuovo segretario, Andrea Mattiello, in sostituzione della dott.ssa Lucina Di Meco, trasferitasi per ragioni di lavoro a Vienna. A conclusione del congresso, in presenza di alcune decine di iscritti e simpatizzanti, tra i quali il già segretario Enrico Zanon, il Presidente della Federazione delle associazioni campane degli USA Nicola Trombetta e vari docenti universitari, si è svolta una tavola rotonda alla quale ho portato il mio contributo. Nel corso del mio intervento, ho toccato diversi temi dell’attualità politica, a partire dalla forte evoluzione che sta caratterizzando l’attuale legislatura politico-parlamentare a seguito del forte impulso all’agenda delle riforme e agli interventi per la ripresa economico-sociale impresso dal Governo Renzi, nelle prime settimane della sua attività. La legge elettorale, appena licenziata dalla Camera, continuerà ad essere al Senato oggetto di un teso confronto, soprattutto per gli aspetti riguardanti le quote di genere, l’eventuale introduzione delle preferenze e il delicato intreccio con la riforma del Senato, che continua ad essere un punto di estrema sensibilità. In questo quadro dinamico e tuttavia di grande complessità, si collocano i riferimenti alla rappresentanza degli italiani all’estero. Per quanto riguarda il mantenimento degli eletti all’estero nell’unica Camera che dovrebbe votare la fiducia al Governo e approvare le leggi fondamentali dello Stato sembra prevalere il buon senso, mentre non altrettanto positive sembrano le prospettive riguardanti il Senato riformato, dove comunque il legame delle comunità con le Regioni dovrebbe essere assicurato. In questo contesto credo sia giusto aspettare l’esito delle riforme costituzionali prima di mettere mano alla riforma degli istituti di rappresentanza, quali i COMITES e il CGIE, che intanto vanno immediatamente ricostituiti passando per le elezioni troppo a lungo rinviate. Nel corso del dibattito ho informato i presenti dell’emendamento da me presentato e accolto relativamente al coinvolgimento delle comunità italiane all’estero nelle politiche di internazionalizzazione del Sistema Italia e sull’iniziativa parlamentare per una completa copertura sanitaria per i figli nati all’estero di italiani che si trovino temporaneamente nel nostro Paese. Il dibattito con i presenti si è sviluppato attorno a numerose questioni, tra cui la cittadinanza, lo sviluppo dei programmi di promozione linguistica e culturale e, soprattutto, la chiusura dei consolati, con particolare riguardo a quella di Newark.
UN 8 MARZO CON LA FEDERAZIONE DEI CAMPANI IN USA
Ho trascorso la Festa della Donna a New York, ospite della Federazione delle Associazioni Campane negli Usa, il cui Presidente, il Cav. Nicola Trombetta, proprio l’8 marzo ha avviato un nuovo mandato. Alla Federazione, fondata nel 1989, aderiscono ben 55 associazioni operanti negli Stati di New York, Connecticut, New Jersey, Illinois, California, Florida. La mia presenza è stata non solo un dovere rispetto agli elettori della mia ripartizione, ma anche un sincero atto di appartenenza alla grande famiglia degli italiani all’estero.
LA FESTA DI SAN GIUSEPPE CON LA COMUNITÀ DI SANNICANDRO DI BARI
Domenica 16 marzo è stata una giornata di incontro con persone di cui condivido le origini familiari e di celebrazione della festa di San Giuseppe. La bellissima festa è stata organizzata dal Marconi Club di New York.