NEWSLETTER n. 15. 2 APRILE 2015


PASQUA2

Carissimi amici,
per la Pasqua, a voi tutti, i migliori auguri di pace e serenità.
Per l’Italia, un cammino di rinascita.

Francesca La Marca


CANADA

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LA MARCA ALL’INAUGURAZIONE DEL CIRCOLO PD DI OTTAWA. LA RETE DEI CIRCOLI È UN’OPPORTUNITÀ PER TUTTI GLI ITALIANI

Domenica 29 marzo, ho partecipato ad Ottawa all’inaugurazione del locale Circolo del Partito Democratico, che si è svolta presso il “Marconi Center”. All’evento erano presenti, il neo segretario del Circolo Antonio Giannetti, il Segretario del PD Canada Mario Marra, il Presidente Francesco di Candia e i componenti del direttivo che si è costituito.

Dopo i saluti e gli interventi politici del Segretario di Circolo Giannetti e del Segretario nazionale Marra, ho preso la parola per  porgere gli auguri di buon lavoro e dichiarare la mia totale disponibilità a collaborare. Ho sottolineato come l’esistenza e l’estensione della rete dei circoli del PD nel mondo costituisca non solo un’occasione di partecipazione per gli iscritti al partito, ma un’opportunità per tutti gli italiani all’estero. Attraverso di essa, infatti, si può meglio coinvolgere il maggiore partito italiano e la prima forza di governo sulle tematiche che riguardano l’italianità nel mondo. Il Governo Renzi, mettendo al riparo la circoscrizione Estero nella riforma costituzionale di cui si discute in Parlamento e decidendo il rinnovo dei COMITES dopo cinque anni di sospensione della democrazia, ha dimostrato attenzione per il mondo degli italiani all’estero, ma è necessario non fermarsi e allargare l’impegno su tanti altri problemi presenti nelle comunità. Poiché la politica ha senso solo se è al servizio delle persone, è necessario fare sinergia e stringere le fila tra strutture di partito e rappresentanze istituzionali per giungere a soluzioni concrete. In questa ottica, ho ricordato il mio impegno sui temi della cittadinanza, su cui ha presentato specifici disegni di legge, sulla copertura sanitaria dei figli di italiani in visita in Italia, sulla conversione delle patenti e la sua costante attenzione per la promozione della lingua e cultura italiane in ambito canadese. Infine, ho ricordato le elezioni per il rinnovo dei COMITES, in corso di svolgimento, affermando che si tratta di un segnale positivo del Governo verso i connazionali del Canada, che per la prima volta eleggeranno organismi di pieno diritto, un segnale che andrebbe colto con una buona partecipazione al voto di coloro che si sono iscritti.


 NOTIZIE

Missione Canada. Oltre 70 le imprese del Food & Beverages, provenienti da tutta Italia.

L’AGROALIMENTARE VIA MAESTRA PER LA PRESENZA ITALIANA IN NORD AMERICA. LA MIA PARTECIPAZIONE AGLI EVENTI DI TORONTO

Sono oltre 70 le imprese del food&beverages, provenienti da tutta Italia, che hanno partecipato alla missione imprenditoriale di sistema in Canada l’ultima settimana di marzo. La delegazione di imprese, accompagnate dal Vice Ministro dell’Agricoltura Andrea Olivero, ha iniziato il suo percorso di promozione dei prodotti italiani e di contatto con gli operatori canadesi a Toronto, per poi proseguire a Montreal e a Vancouver.

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Ho partecipato agli eventi di Toronto, organizzati nell’ambito della missione, convinta della sua importanza. L’occasione è stata, infatti, una concreta dimostrazione di quanto dinamiche e presenti sul mercato globale siano le nostre imprese e di quanti sforzi il Governo stia facendo per compensare con politiche di internazionalizzazione le difficoltà che ancora si manifestano nel mercato interno.  L’ltalia è il primo fornitore agroalimentare europeo del Canada, e la visita si è concentrata sull’organizzazione di una serie di incontri con buyer, distributori, ristoratori e sommelier interessati ai nostri prodotti alimentari e vini.

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L’iniziativa è stata organizzata da ICE-Agenzia, Confindustria, ABI, Unioncamere, Rete lmprese Italia, Alleanza delle Cooperative, Conferenza delle Regioni, sotto l’egida del Ministero degli Affari Esteri e del Ministero dello Sviluppo Economico.

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Francesca La Marca, il Vice Ministro Andrea Olivero, l’Ambasciatore Gian Lorenzo Cornado

A Toronto ho partecipato a numerosi eventi, affiancando costantemente le autorità, gli operatori e le imprese nei due giorni di permanenza a Toronto, a iniziare dal briefing che si è avuto con i rappresentanti delle imprese domenica 22, presso lo Sheraton Hotel Yorkville.  Nella circostanza, sono intervenuti il Vice Ministro Andrea Olivero, l’Ambasciatore Gian Lorenzo Cornado, il Dott. Martino Caretto, Direttore di Institutional Affairs Americas and Australia della Ferrero, il Dott. Ascal Bova, Direttore dell’ICE. Nel mio indirizzo di saluto, ho dato il mio benvenuto agli ospiti arrivati dall’Italia e li ho ringraziati, con riferimento all’intero mondo delle imprese italiane che esportano, per il contributo che hanno dato all’Italia in questi anni difficili. Erano presenti anche il Console generale Pastorelli, il Capo della segreteria particolare del Ministro Gentiloni Luca Bader, il Dott. Piero Titone dell’ICE e il Dott. Aldo Davoli, Global Public Affairs Senior Director del Gruppo Campari.

Il 23 marzo, presso il Liberty Grand Hotel di Toronto, ho partecipato all’inaugurazione del Salone dell’agroalimentare, avvenuta alla presenza degli esponenti delle aziende italiane. Dopo il taglio del nastro, il Vice Ministro Olivero ha rivolto alle aziende un indirizzo di saluto e benvenuto e ha sottolineato la ricchezza del Salone, che presentava un colpo d’occhio veramente soddisfacente per il numero degli stand e la varietà e qualità dei prodotti presentati.

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L’Ambasciatore Gian Lorenzo Cornado, Francesca La Marca, il Vice Ministro Andrea Olivero in visita agli stand

Successivamente, ho visitato con il Vice Ministro, l’Ambasciatore, il Console, il Direttore dell’ICE gli stand dove abbiamo avuto modo di scambiare osservazioni e valutazioni con gli espositori. In serata si è svolta la cena di gala presso il Ritz Carlton Hotel, preparata da uno chef venuto appositamente dall’Italia, alla quale hanno partecipato circa 300 persone. Nel corso della serata, sono intervenuta per salutare i partecipanti. Nell’occasione hanno preso la parola il Vice Ministro, il Direttore dell’ICE, l’Ambasciatore, il Ministro di Citizenship, Immigration and International Trade della provincia dell’Ontario, Mr. Michael Chan. Presente anche il Dott. Eugenio Magnani, Director North America dell’Italian National Tourist Board.

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Francesca La Marca con il Ministro di Citizenship, Immigration and International Trade della provincia dell’Ontario, Michael Chan

Nel mio intervento, ho sottolineato che se il mercato canadese oggi offre promettenti opportunità agli operatori italiani, si deve alla presenza di una comunità di oltre un milione di persone che ha saputo conservare e trasmettere le tradizioni delle origini. Gli italiani un po’ alla volta sono riusciti a far passare nella società canadese una linea di gusto, un’idea gioviale della vita, una pratica di convivialità e una costante curiosità per i prodotti italiani – per il loro sapore, il loro gusto, il loro profumo, la loro forza evocativa –, che sarebbe stupido ridurre a elemento di folclore. Semmai il problema è del tutto diverso.

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Capire con strumenti culturali e di analisi sociale ed economica come questo mondo e questo vissuto possano diventare un fattore propulsivo per una sempre più estesa e stabile penetrazione dei nostri prodotti in una società aperta come questa, che apprezza la diversità, ha il gusto dell’esotico e ricerca la solarità. Ho ricordato che a livello parlamentare si è cercato di predisporre gli strumenti adatti con un emendamento che io stessa ho presentato ed inserito nel Progetto Destinazione Italia, che prevede la possibilità di coinvolgere le comunità, tramite i loro rappresentanti, nei progetti di internazionalizzazione, e con un analogo riferimento incluso qualche settimana fa nella mozione sulla politica estera del Paese. L’importante è agire in sinergia per mettere le aziende, che operano in prima linea, nella condizione di continuare a fare sempre meglio il vostro lavoro”.


LAVORO PARLAMENTARE

CAMERADEPUTATI

DUE INTERROGAZIONI PER DARE UN IMPULSO AGLI ACCORDI BILATERALI PER LA CONVERSIONE DELLE PATENTI DI GUIDA CON GLI USA E IL CANADA

L’aumento degli scambi e dei trasferimenti di persone che si accompagna alla globalizzazione è diventato ti motivo di un’affermazione quasi rituale, eppure pochi si pongono il problema di affrontare i risvolti concreti di questi fenomeni per fare in modo che le persone coinvolte siano messe nella condizione di superare nel modo migliore le situazioni cui vanno incontro. È questa la ragione che mi ha indotto ad avanzare al Governo due interrogazioni parlamentari e a realizzare una serie di contatti con responsabili istituzionali e amministrativi volti a dare un impulso agli accordi bilaterali per la conversione delle rispettive patenti di guida con i paesi con i quali vi sia un reciproco e intenso flusso di persone.

In questi miei interventi ho posto tre questioni.

La prima è quella di fare il punto sulle trattative con i diversi paesi per la conversione delle patenti: quante se ne stanno facendo, con chi, a che punto di maturazione è giunto il lavoro di definizione degli eventuali accordi?

Un secondo punto riguarda la situazione con alcuni paesi, in particolare con quelli del Nord America: Canada e Stati Uniti. Per il Canada ho presentato un’interrogazione specifica, di cui ho dato conto in un altro comunicato. In realtà, con le autorità canadesi, grazie anche alla solerzia dei nostri rappresentanti diplomatici, dovremmo essere a buon punto dal momento che pare si stia trovando una strada per rispettare le prerogative dello stato centrale e quelle delle Province, competenti in materia.

Con una diversa interrogazione, sottoscritta dai colleghi del PD eletti all’estero e da decine di altri deputati, ho chiesto che siano sviluppate le trattative con le autorità statunitensi per l’evidente interesse di facilitare l’importante flusso reciproco  di persone che si muovono dal l’uno all’altro paese per ragioni di affari, di esercizio professionale, di studio e di turismo.

Un terzo punto riguarda le modalità di svolgimento degli esami che gli stranieri in Italia devono sostenere dopo un anno di permanenza, durante il quale è consentito loro di continuare a usare la patente originaria. Fino a qualche anno fa i moduli per i test erano compilati in tutte le lingue previste dall’ufficialità idiomatica dell’Onu. Successivamente si è arrivati all’uso di sole due lingue, oltre l’italiano, il tedesco e il francese, obbligatori per le nostre minoranze linguistiche. Non è pensabile che in un anno qualcuno si possa impadronire della lingua locale in modo da comprendere compiutamente i test proposti. Ho chiesto, dunque, di ritornare alle lingue ONU o, almeno, di aggiungere l’inglese che tra le lingue correnti è quella più diffusa.

L’internazionalizzazione è un processo inarrestabile e per l’Italia addirittura utile. In più, un crescente numero di stranieri s’insedia in Italia e abbiamo tutto l’interesse che si integrino in modo attivo nella nostra società. La conversione delle patenti è un passo concreto in questa direzione e per questo è un obiettivo che dovremmo perseguire con convinzione ed efficienza.

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FAR AVANZARE L’ACCORDO SULLA CONVERSIONE DELLE PATENTI NEGLI STATI UNITI.

LEGGI L’INTERROGAZIONE.

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CONCLUDERE FINALMENTE L’ACCORDO ITALIA-CANADA SULLA CONVERSIONE DELLE PATENTI

Una mia lontana interrogazione al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sulla conclusione di un accordo con il Canada per la reciproca conversione delle patenti di guida – interrogazione che ho replicato qualche settimana fa per interrompere il lungo ritardo – ha avuto finalmente risposta da parte del Ministro Lupi.

La questione riguarda l’esigenza di consentire, tramite un accordo bilaterale, che i cittadini italiani che risiedono in Canada e quelli canadesi che risiedono in Italia possano beneficiare della conversione delle loro patenti originarie in quelle dei paesi in cui si trovano, senza essere costretti a sostenere gli esami per ottenere un nuovo titolo, dopo la scadenza dei termini di utilizzazione nel paese straniero. Le trattative tra i due paesi sono partite addirittura nel 2001 e hanno conosciuto una serie di rinvii ed improvvise accelerazioni dovute sia ai tempi non certamente fulminei delle relazioni diplomatiche sia alla complessità giuridica e istituzionale di una tale operazione. In Canada, infatti, per la natura federale dello Stato, la materia è di competenza esclusiva delle Province che hanno un’autonomia molto marcata nei confronti dello Stato centrale. Il che porta a dover stabilire un rapporto diretto con ogni singola entità provinciale e a perfezionare tanti accordi quante sono le Province canadesi, che hanno poteri ancor più penetranti, tanto per capirci, delle nostre Regioni a statuto speciale. Nel 2003 il Dipartimento degli esteri canadese manifestò l’intento di definire con l’Italia un accordo quadro nel quale collocare i successivi accordi con le Province. La risposta all’interrogazione ripercorre in dettaglio questa lunga vicenda, su cui non mi soffermo retrospettivamente perché la cosa importante, e ormai indifferibile, è giungere ad una conclusione e mettere i tanti interessati, sia italiani che canadesi, nella condizione di risolvere positivamente i loro problemi. Quello che posso dire è che, sulla base dei numerosi contatti che negli ultimi mesi ho avuto con i rappresentanti di governo italiani e con le autorità diplomatiche dei due Paesi, che ringrazio per il loro fattivo impegno, la soluzione dovrebbe essere non lontana. In sostanza si sta mediando con il Governo del Quebec, sensibile alle sue prerogative in materia di trasporti, per raggiungere un’intesa diretta che tuttavia non precluda successive intese con i rappresentanti delle altre Province e/o del Governo federale. Il mio auspicio è che si ponga finalmente termine a questa fin troppo lunga vicenda e la mia richiesta è che le autorità competenti dei due Paesi facciano uno sforzo risolutivo in questa direzione. In ogni caso, come è accaduto finora, da parte mia non smetterò di seguire gli sviluppi della vicenda e di sollecitarne una definizione, in modo che i cittadini interessati possano avere questa ulteriore opportunità e i rapporti tra i due Paesi arricchirsi di un ulteriore punto di incontro.

LEGGI L’INTERROGAZIONE.

L’ACCORDO DI SICUREZZA SOCIALE ITALIA-CANADA È UN BUON SEGNALE PER I RAPPORTI TRA I DUE PAESI

FRANCESCA CAMERA

Con la ratifica dell’accordo di sicurezza sociale tra Italia e Canada, approvata dalla Camera, arriva alla sua meta naturale un atto che si trascinava da molto tempo e sembrava essersi smarrito lungo una strada fatta di interminabili procedure e rinvii. L’accordo, infatti, era stato firmato nel 1995 senza arrivare alla ratifica da parte italiana e già nel 2003 era stato aggiornato con un protocollo, anch’esso giacente in Parlamento. Le difficoltà finanziarie degli ultimi anni hanno congelato una serie di questi atti, sicché il fatto che questa lunga vicenda sia all’epilogo è di per sé una buona notizia da accogliere con soddisfazione.

Certo, si pone indubbiamente un problema di ulteriore adeguamento alle normative dei due Paesi, che sono andate avanti nel frattempo e continuano a cambiare, ma almeno ora sarà possibile partire da un punto fermo e definito. La nostra speranza è che l’accordo si traduca, alla prova dei fatti, in un reale vantaggio per i lavoratori interessati e per quanti potranno ricorrere a queste norme per migliorare la propria situazione previdenziale. Le intenzioni sono quelle di migliorare gli standard di protezione dei lavoratori e di velocizzare le prestazioni. In particolare, la riaffermazione della possibilità di totalizzazione dei periodi contributivi accreditati nei due Paesi potrà consentire di raggiungere più facilmente i minimi contributivi e livelli più elevati di prestazione. Naturalmente, la rispondenza di ogni norma o accordo va valutata alla prova dei fatti e per questo saremo vigili nel seguire gli esiti che più direttamente riguardano la reale situazione previdenziale degli interessati. Italia e Canada hanno una grande tradizione emigratoria alle loro spalle, una delle vicende più riuscite nella pur articolata storia migratoria degli italiani. Allo stesso tempo, migliaia di canadesi vivono in Italia avendo con il Paese un rapporto proficuo e collaborativo. L’accordo, quindi, non è poggiato sulla sabbia, ma ha solide basi al di là dei pur legittimi risvolti previdenziali. I rapporti tra Italia e Canada, inoltre, oltre che legati al consistente retroterra emigratorio, sono destinati a svilupparsi sul piano economico e commerciale e della solidarietà internazionale, come ha dimostrato la visita del Presidente Letta nel recente passato e quella del Ministro canadese Fast di qualche mese fa, e come sarà con le imminenti visite dei Ministri Martina e Guidi. La ratifica dell’accordo di sicurezza sociale, dunque, è un atto che ha un valore che va oltre il suo stesso contenuto specifico e rinsalda i rapporti di solidarietà e di collaborazione tra l’Italia e il Canada.


Il mio articolo di marzo per AMERICA OGGI

AMERICA OGGI 15 MARZO

OLTRE L’8 MARZO

Gioia e impegno civile. Queste sono le parole chiave del messaggio che in occasione dell’8 marzo ho inviato alle donne con le quali intrattengo un costante dialogo attraverso i miei canali di conoscenza e di comunicazione. Gioia per esprimere lo spirito di socialità e il protagonismo di cui le donne, nonostante persistenti e innumerevoli difficoltà, si dimostrano capaci. Impegno soprattutto per il lavoro e la sicurezza dalle minacce di violenza e di intolleranza che attraversano il mondo in modo sempre più preoccupante.

I giovani e le donne – è noto – per avere un lavoro e farlo valere devono fare sempre un cammino più lungo per arrivare alle stesse mete e raggiungere gli stessi diritti. Ma la ricorrenza della Donna è passata e non è male continuare a riflettere sulla condizione femminile in Italia e sui problemi reali ad essa legati, almeno su quelli che esulano da una dimensione strettamente privata per assumerne una pubblica. L’8 marzo di quest’anno abbiamo celebrato anche i vent’anni della Conferenza di Pechino del 1995, dove le donne affermarono la necessità “di guardare il mondo dal loro punto di vista”, fecero il punto dell’accidentato cammino della parità, dichiararono i diritti delle donne diritti umani. Affermazioni impegnative che certo hanno fatto passi in avanti nelle diverse società del mondo, ma che sono ancora ben lontane dall’essere concretamente e in modo soddisfacente realizzate. Le occasioni per fare i conti con la realtà, belle e brutte, certo non mancano. Se dunque in occasione della nostra festa chiediamo ai nostri compagni e conoscenti di mettere la donna al centro dell’attenzione non una volta l’anno ma ogni giorno, è giusto che questo valga anche per noi, anzi che valga ancor di più per noi. Tanto per restare alla stretta attualità, ad appena tre giorni di distanza dalla nostra festa, è giunta la notizia che il Consiglio superiore della Sanità ha espresso il parere che poco o nulla si debba cambiare nella regolamentazione vigente nel nostro Paese sui contraccettivi d’emergenza e in particolare sulla cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo”. Credo sia chiaro a tutti che non stiamo parlando di rimedi facili per donne disinvolte ma di un complesso e serio problema che riguarda le donne in generale, di qualsiasi stato e di qualsiasi cultura e moralità. Il Comitato tecnico per i medicinali ad uso umano (Chmp) dell’Agenzia europea del farmaco di recente si è espresso in materia di medicinali destinati alla contraccezione di emergenza e ha dato parere favorevole alla somministrazione diretta in farmacia della cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo”, senza obbligo di prescrizione da parte del medico. Il parere del Comitato è di norma recepito dalla Commissione europea che emette l’autorizzazione definitiva, impegnativa per gli Stati membri. Il comitato di esperti a livello europeo ha valutato l’uso della pillola sicuro ed efficace. Allo stesso tempo, esperti della materia hanno affermato che la ragione sostanziale di questo orientamento è quello di mettere le donne nella condizione di poter accedere alla contraccezione d’emergenza prima possibile “in modo da avere la migliore opportunità di evitare una gravidanza indesiderata; è una questione di salute pubblica”. Stiamo parlando, quindi, non solo di una scelta personale e intima, ma di un problema sociale che ha ovvie ricadute su aspetti essenziali quali il sistema dei servizi, la delicatissima spesa sanitaria e la stessa organizzazione sociale. In Europa, questi contraccettivi di emergenza sono già considerato farmaci senza prescrizione medica in 24 Paesi. Solo in Croazia, Grecia, Ungheria, Italia, Liechtenstein e Polonia questi medicinali sono soggetti a prescrizione medica. Anche la Germania, che è sempre molto circospetta nell’adozione di misure che hanno risvolti di carattere etico, di recente si è allineata a questo orientamento. Tra i maggiori partner europei solo l’Italia resiste imperterrita, anzi è l’unico Paese nel quale per ottenere un contraccettivo come questo, occorre non solo la ricetta medica ma anche un test di gravidanza di esito negativo. Eppure la stessa Agenzia europea ha detto e ribadito che questo tipo di farmaco blocca l’ovulazione, senza determinare quindi un’interruzione di gravidanza. Cosa che il TAR del Lazio, investito della questione, aveva giù affermato con una sentenza del 2001, riconoscendo che il farmaco agisce con effetti contraccettivi in un momento anteriore all’innesto dell’ovulo fecondato nell’utero materno. Ora, dopo il parere del Consiglio superiore della sanità, che ha confermato l’orientamento di richiedere la prescrizione medica a prescindere dall’età della donna interessata, anche se ha poi limitato il ricorso al test di gravidanza solo ai casi in cui l’anamnesi induca ad un sospetto di fecondazione in corso, si dovrà pronunciare conclusivamente il Ministro Lorenzin. Senza banalizzare la complessità delle questioni e sottovalutare il peso delle sensibilità etiche, soprattutto in una realtà come quella italiana, il mio augurio è che in questa occasione un ministro della Repubblica senta la voce dell’Europa, prima ancora che le campane di oltretevere, naturalmente con tutto il rispetto per le campane. Non per un’astratta questione di principio, ma perché l’emancipazione delle donne si realizza veramente se si può sviluppare in uno spazio di rispetto civile e di disponibilità di servizi.  E a proposito di Europa, spesso si sente dire, a ragione, che è importante, anzi vitale per l’Italia non perdere gli ancoraggi con essa per resistere ai venti della bufera economica e sociale che hanno spirato in questi anni e che ancora non si placano del tutto. Se questo è vero sul piano economico e sociale, non è meno vero su quello dei ditti civili e di parità. Proprio qualche ora fa, a questo proposito, il Parlamento di Strasburgo ha approvato la relazione di Marc Tarabella sulla parità uomo-donna. In essa è contenuta anche la delicata affermazione che i diritti della donna vanno garantiti anche attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all’aborto. Le reazioni di alcuni parlamentari a questi specifici punti sono immaginabili e vanno comunque rispettate. Ma ancora una volta, quando si parla di donne, di fronte ad un serio passo in avanti se ne fa subito uno indietro. Infatti, lo stesso Consiglio ha approvato un emendamento presentato dai Popolari nel quale si ribadisce che i temi della sanità e dei diritti sessuali e riproduttivi sono di competenza nazionale. Il che concretamente significa che quella del Consiglio europeo rischia di essere una nobile affermazione di principio che rischia però di essere contraddetta o, nella migliore delle ipotesi, ritardata, come nel caso dei contraccettivi d’emergenza, dalle normative dei singoli Paesi.

L’orizzonte delle donne, insomma, si è notevolmente allargato ma continua ad essere delimitato da colline e montagne che devono essere scalate una ad una, con fatica e inesauribile determinazione. I diritti delle donne, infatti, continuano ad essere ostacolati e negati ancora in troppe parti del mondo: il diritto all’istruzione, al lavoro, alla libertà e all’autonomia personale, al rispetto del proprio corpo, alla sicurezza, alla pace.  Eppure questi non sono diritti di una corporazione, sia pure grande quanto la metà del mondo. Sono la chiave per rendere più giusta, più aperta, più moderna l’intera società. Le cronache battono quotidianamente il tam tam degli innumerevoli episodi di violenza che si perpetrano a danno delle donne. In Italia, con l’approvazione della Convenzione di Istanbul, si è fatto certamente un passo avanti. E, tuttavia, sempre per passare dalle parole ai fatti, molto c’è ancora da fare sia a livello nazionale che regionale e locale per realizzare una giusta prevenzione, per sostenere le vittime, per punire realmente i colpevoli e sviluppare un clima di rispetto e di protezione intorno alle donne. Nella vita pubblica, anche se negli ultimi tempi si sono verificati passaggi significativi come un maggiore equilibrio uomo-donna nella rappresentanza e nell’attribuzione di incarichi di governo, la strada è ancora lunga e stretta. Si parla molto in queste settimane della riforma costituzionale e della nuova legge elettorale, l’Italicum, ma quasi mai al femminile, vale a dire da un’angolazione che consenta di guardare alle scelte da compiere, soprattutto nella normativa elettorale, anche nell’ottica di una maggiore parità. Stenta a farsi strada, in sostanza, l’idea che nella crisi della politica e della rappresentanza che si sta vivendo in modo diffuso, l’apporto di energie, di determinazione, di freschezza e di competenze che le donne possono garantire sarebbe, in generale, una buona leva per riaccreditare la politica agli occhi dei cittadini e per rafforzare, rinnovandola, la vita democratica. Per quanto riguarda il lavoro, è fin troppo noto che il solo fatto di essere donna ne ostacola la ricerca e la conservazione. Il Governo da un lato e noi parlamentari dall’altro abbiamo cercato di introdurre elementi concreti di sostegno e tutela in alcuni dei provvedimenti più importanti, come la legge di stabilità e il Job Act. Nella prima, ad esempio, si sono previste risorse per le donne nelle regioni dove il loro tasso di occupazione è inferiore al 40%. Nel secondo, si è trovato il modo di contrastare la brutta prassi delle dimissioni preventive in caso di gravidanza e un intero decreto è stato dedicato alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, estendendo in particolare il congedo parentale. In questo senso va anche il sostegno che si cerca di dare al telelavoro. Senza trascurare l’aiuto concreto, anche se non risolutivo, che può venire dai cosiddetti “bonus bebè” e dai “buoni lavoro” da usare per essere aiutati a crescere i bambini nei primi mesi di vita. Piccoli passi in avanti, ma – ripeto – l’orizzonte è ampio e le salite non mancano. E’ bello, dunque, che venga l’8 marzo, festa di gioia e di impegno civile. Ma è importante che quell’impegno prosegua oltre l’8 marzo e diventi cammino da fare insieme, tra donne, ma anche tra donne e uomini, come una giusta prospettiva di parità richiede.


ELEZIONI PER IL RINNOVO DEI COMITES. SI VOTA ENTRO IL 17 APRILE 2015

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Cari connazionali,

Vi ricordo che le elezioni per il rinnovo dei Comitati degli Italiani all’Estero (COMITES), si terranno il  17 aprile 2015. Nei prossimi giorni i Consolati invieranno per posta, ai soli elettori che lo abbiano richiesto, il plico elettorale contenente la scheda per il voto e una busta preaffrancata per la sua restituzione. Per votare seguite attentamente le istruzioni che troverete nel plico . Il vostro voto dovrà pervenire al Consolato entro il 17 aprile. Partecipiamo numerosi a questo importante momento di democrazia.

Un cordiale saluto

Francesca La Marca


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