REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA: I CINQUE QUESITI

1. ABROGAZIONE LEGGE SEVERINO – Scheda di colore rosso

Incandidabilità dopo la condanna – il referendum chiede di abrogare la parte della Legge Severino che prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità e la decadenza automatica per parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali nel caso di condanna per reati gravi.

IL QUESITO SULLA SCHEDA:  «Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190)?».

LA SPIEGAZIONE: La Legge Severino dispone l’incandidabilità e la decadenza dei parlamentari, dei consiglieri regionali, dei sindaci e degli amministratori locali che si trovino in determinate condizioni. Tra le altre limitazioni vi è l’ incandidabilità alle cariche di deputato, senatore e membro del Parlamento Europeo di chi avesse riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, di maggiore allarme sociale (ad esempio mafia, terrorismo, tratta di persone), di coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, contro la Pubblica Amministrazione e di coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni reclusione per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni. In pratica una serie di reati prevedono l’impossibilità di presentare la propria candidatura.

Il quesito punta a cancellare interamente la legge Severino, puntando al ritorno in vigore della legge precedente, che prevede l’interdizione dei pubblici uffici, ma solo come pena accessoria decisa dal giudice. In pratica si vuole eliminare il meccanismo automatico di incandidabilità per chi sia stati condannato definitivamente per una serie di reati.

Votando SI all’abrogazione della legge Severino, si permette l’eliminazione dell’intera disciplina riguardante la decadenza e l’incandidabilità degli eletti condannati con sentenza definitiva a una pena superiore a due anni.

Votando NO all’abrogazione della legge Severino, si mantiene l’attuale legge che permette di allontanare dagli uffici pubblici i condannati per reati contro di essi.


2. LIMITAZIONE DELLE MISURE CAUTELARI – Scheda di colore arancione

Custodia cautelare durante le indagini – il secondo dei cinque quesiti del referendum 2022 chiede di togliere la “reiterazione del reato” dai motivi per cui i giudici possono disporre la custodia cautelare in carcere o i domiciliari per una persona durante le indagini e quindi prima del processo.

IL QUESITO SULLA SCHEDA : «Volete voi che sia abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447 (Approvazione del codice di procedura penale), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole: “o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché’ per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.”?».

LA SPIEGAZIONE: Le misure cautelari sono provvedimenti emessi dal giudice che vanno a limitare in qualche modo la libertà personale dell’indagato o dell’imputato durante la fase preliminare del processo o durante il processo. Variano dagli arresti all’obbligo di firma o di dimora, al divieto di avvicinamento o altre specifiche forme interdittive di limitazione della libertà. Le misure cautelari vengono emanate in presenza di quattro presupposti giuridici: 1. Pericolo di inquinamento delle prove. 2. Pericolo di fuga dell’indagato/imputato. 3. Pericolo di reiterazione del reato. 4. Possibilità di compiere altri gravi reati di mafia o con l’uso delle armi.

I promotori referendari vogliono abrogare la legge che dispone la possibilità di emettere qualsiasi misura cautelare nel caso in cui ricorra l’ipotesi di un pericolo attuale e concreto di reiterazione del reato della stessa specie per cui il soggetto è attualmente sottoposto a indagine o processo.

Che cosa succede se voto SI?

Se passasse il SI, le misure cautelari si applicherebbero limitatamente al caso in cui l’indagato, pur raggiunto da gravi indizi di colpevolezza e pur presente il rischio di reiterazione del reato, non sussista il concreto pericolo di fuga e di inquinamento delle prove.

Si abolirebbe la possibilità di procedere alla privazione della libertà in ragione di una possibile “reiterazione del medesimo reato”.

Che cosa succede se voto NO?

Resterebbe in vigore la carcerazione preventiva per chi commette reati più gravi. Non si abolirebbe la possibilità di procedere alla privazione della libertà in ragione di una possibile “reiterazione del medesimo reato”, quindi si continuerà anche a permettere l’allontanamento dalla famiglia dei membri che potrebbero perpetrare i reati commessi contro di essa, dato che rimarranno attive le misure cautelari coercitive, che comprendono misure detentive (custodia in carcere e arresti domiciliari) e misure non detentive, come l’allontanamento dalla casa familiare (nel caso di violenze in famiglia), o il divieto di avvicinamento nei luoghi frequentati dalla persona offesa (nel caso di molestie reiterate, “stalking”), oppure l’obbligo di soggiorno o il divieto di soggiorno. La questione assume notevole rilievo nei casi di delitti seriali, dove la misura cautelare (detentiva o meno) ha una sua specifica utilità per interrompere una carriera criminosa (si pensi allo spaccio di droga) o una progressione criminosa (si pensi agli atti persecutori che, se non interrotti, possono degenerare in atti di violenza letale come il femminicidio).


3. SEPARAZIONE FUNZIONI DEI MAGISTRATI – Scheda di colore giallo

Separazione delle carriere – Questo terzo quesito chiede lo stop delle cosiddette “porte girevoli”, impedendo al magistrato durante la sua carriera di passare dal ruolo di giudice (che appunto giudica in un procedimento) a quello di pubblico ministero (coordina le indagini e sostiene la parte accusatoria) e viceversa.

IL QUESITO SULLA SCHEDA : «Volete voi che siano abrogati: l’“Ordinamento giudiziario” approvato con Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 192, comma 6, limitatamente alle parole: “, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura”; la Legge 4 gennaio 1963, n. 1 (Disposizioni per l’aumento degli organici della Magistratura e per le promozioni), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 18, comma 3: “La Commissione di scrutinio dichiara, per ciascun magistrato scrutinato, se è idoneo a funzioni direttive, se è idoneo alle funzioni giudicanti o alle requirenti o ad entrambe, ovvero alle une a preferenza delle altre”; il Decreto Legislativo 30 gennaio 2006, n. 26 (Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché’ disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 23, comma 1, limitatamente alle parole: “nonché’ per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa”; il Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché’ in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 11, comma 2, limitatamente alle parole: “riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti”; art. 13, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: “e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa”; art. 13, comma 1, limitatamente alle parole: “il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,”; art. 13, comma 3: “3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed è disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del presidente della corte di appello o del procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il presidente della corte di appello o il procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché’ sostituendo al presidente della corte d’appello e al procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il primo presidente della Corte di cassazione e il procuratore generale presso la medesima.”; art. 13, comma 4: “4. Ferme restando tutte le procedure previste dal comma 3, il solo divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, all’interno dello stesso distretto, all’interno di altri distretti della stessa regione e con riferimento al capoluogo del distretto di corte d’appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni, non si applica nel caso in cui il magistrato che chiede il passaggio a funzioni requirenti abbia svolto negli ultimi cinque anni funzioni esclusivamente civili o del lavoro ovvero nel caso in cui il magistrato chieda il passaggio da funzioni requirenti a funzioni giudicanti civili o del lavoro in un ufficio giudiziario diviso in sezioni, ove vi siano posti vacanti, in una sezione che tratti esclusivamente affari civili o del lavoro. Nel primo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura civile o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. Nel secondo caso il magistrato non può essere destinato, neppure in qualità di sostituto, a funzioni di natura penale o miste prima del successivo trasferimento o mutamento di funzioni. In tutti i predetti casi il tramutamento di funzioni può realizzarsi soltanto in un diverso circondario ed in una diversa provincia rispetto a quelli di provenienza. Il tramutamento di secondo grado può avvenire soltanto in un diverso distretto rispetto a quello di provenienza. La destinazione alle funzioni giudicanti civili o del lavoro del magistrato che abbia esercitato funzioni requirenti deve essere espressamente indicata nella vacanza pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura e nel relativo provvedimento di trasferimento.”; art. 13, comma 5: “5. Per il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, l’anzianità di servizio è valutata unitamente alle attitudini specifiche desunte dalle valutazioni di professionalità periodiche.”; art. 13, comma 6: “6. Le limitazioni di cui al comma 3 non operano per il conferimento delle funzioni di legittimità di cui all’articolo 10, commi 15 e 16, nonché, limitatamente a quelle relative alla sede di destinazione, anche per le funzioni di legittimità di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 10, che comportino il mutamento da giudicante a requirente e viceversa.”; il Decreto-Legge 29 dicembre 2009 n. 193, convertito con modificazioni nella legge 22 febbraio 2010, n. 24 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad essa successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art. 3, comma 1, limitatamente alle parole: “Il trasferimento d’ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa, previsto dall’articolo 13, commi 3 e 4, del Decreto Legislativo 5 aprile 2006, n. 160.”?».

LA SPIEGAZIONE: un lungo quesito che intenderebbe abrogare la norma che attualmente consente ad un magistrato di cambiare funzione. Oggi un togato può passare, nel corso della sua carriera, per un massimo di 5 volte tra la funzione requirente (i pubblici ministeri) a quella giudicante (i giudici). Il referendum si propone di abolire questa possibilità: i pm restano pm, i giudici restano giudici senza possibilità di interscambio professionale. Quindi un magistrato all’inizio della sua carriera dovrebbe scegliere la sua funzione ed il suo ruolo e quindi mantenerlo per tutta la sua vita lavorativa.

Che cosa succede se voto SI?

Il magistrato dovrà scegliere all’inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale.

Che cosa succede se voto NO?

Un timore della separazione delle carriere è il fatto che in altri Paesi dove vige, esiste quasi un automatismo per cui il PM è soggetto al ramo Esecutivo cioè al Governo e non è indipendente. Il rischio principale è che venga creato un corpo di magistrati che si muoverà solo in tono accusatorio, come una proiezione della polizia giudiziaria. E questo andrebbe solo a detrimento delle garanzie del cittadino.

Oggi il PM svolge una doppia funzione, di “ricerca” nelle fasi di indagine e di “tutela” verso il cittadino al momento, sempre per fare un esempio, dell’acquisizione delle prove. È obbligato a vagliare anche gli elementi a favore degli indagati.


4. EQUA VALUTAZIONE DEI GIUDICI – Scheda di colore grigio

Valutazione degli avvocati sui magistrati – il quesito chiede che gli avvocati, parte di Consigli giudiziari, possano votare in merito alla valutazione dell’operato dei magistrati e della loro professionalità.

IL QUESITO SULLA SCHEDA: «Volete voi che sia abrogato il Decreto Legislativo 27 gennaio 2006, n. 25 (Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e nuova disciplina dei Consigli giudiziari, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera c) della legge 25 luglio 2005 n. 150), risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: art. 8, comma 1, limitatamente alle parole “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 7, comma 1, lettere a)”; art. 16, comma 1, limitatamente alle parole: “esclusivamente” e “relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e)”?».

LA SPIEGAZIONE: I Consigli Giudiziari sono un organo consuntivo territoriale (ce ne sono diversi nelle diverse Regioni d’Italia) del Consiglio Superiore della Magistratura. E’ composto da membri di diritto da magistrati eletti, da avvocati e da un professore universitario. Interviene dando pareri su questioni che riguardano l’organizzazione e il funzionamento degli Uffici giudiziari, esercitano la vigilanza sulla condotta dei magistrati in servizio e formulano le pagelle relative all’avanzamento in carriera dei magistrati. Su questi due ultimi argomenti però possono votare soltanto i membri togati dei Consigli Giudiziari (i giudici) e non quelli laici (avvocati e professore universitario). Il referendum si propone di abrogare questa limitazione, consentendo a tutti i membri di votare in tutti i casi in cui vi sia un parere. In buona sostanza anche gli avvocati potranno partecipare alla valutazione dei giudici (se vince il Si).

Che cosa succede se voto SI?

Con il SI viene riconosciuto anche ai membri “laici”, rappresentanti dell’Avvocatura nei Consigli giudiziari e dell’Università, cioè avvocati e professori, di partecipare attivamente alla valutazione dell’operato dei magistrati, dando loro la possibilità di avere voce in capitolo nella valutazione dei magistrati, che oggi si giudicano solo tra di loro.

Che cosa succede se voto NO?

Il voto NO conserverebbe la situazione attuale.


5. ABROGAZIONE DELLA RACCOLTA FIRME PER LA CANDIDATURA AL CSM (CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA) DEI MAGISTRATI – Scheda di colore verde

Riforma Csm – si chiede che non ci sia più l’obbligo di un magistrato di raccogliere da 25 a 50 firme per presentare la propria candidatura al Consiglio Superiore della Magistratura.

IL QUESITO SULLA SCHEDA: «Volete voi che sia abrogata la Legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura), nel testo risultante dalle modificazioni e integrazioni ad esso successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: articolo 25, comma 3, limitatamente alle parole “unitamente ad una lista di magistrati presentatori non inferiore a venticinque e non superiore a cinquanta. I magistrati presentatori non possono presentare più di una candidatura in ciascuno dei collegi di cui al comma 2 dell’articolo 23, né possono candidarsi a loro volta”?».

LA SPIEGAZIONE: Il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) è il massimo organo di amministrazione della giustizia e di autocontrollo dei giudici. E’ previsto dalla Costituzione e ne è garantita l’autonomia da ogni altro Organo e potere dello Stato. Oltre a membri di diritto (Presidente della Repubblica, Primo Presidente della Corte di Cassazione, Procuratore Generale della Cassazione) è composto da 23 membri, eletto per 2/3 dai magistrati e per 1/3 dal Parlamento. Dei sedici componenti scelti dai giudici 2 sono eletti tra i componenti della Corte di Cassazione, 10 tra i giudici di merito, 4 tra i pubblici ministeri e durano in carica 4 anni. Ogni giudice per potersi candidare deve raccogliere una serie di firme di altri magistrati a sostegno della propria candidatura, nel numero compreso tra 25 e 50. Il referendum vuole abrogare questo obbligo di raccolta delle firme, nelle intenzioni dei promotori per sottrarre la candidatura dei magistrati alla necessità di avere un “folto” gruppo a sostegno, e quindi per togliere alle correnti ed alle associazioni di magistrati la possibilità di “gestire” in qualche modo le candidature stesse.

Che cosa succede se voto sì?

Viene abrogato l’obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. L’attuale obbligo impone a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti. Con il sì, si tornerebbe alla legge originale del 1958, che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura. Avremmo così votazioni che mettono al centro il magistrato e le sue qualità personali e professionali, non gli interessi delle correnti o il loro orientamento politico.

Che cosa succede se voto NO?

La raccolta delle firme per il magistrato che si candidasse come membro del CSM resterebbe immutata e la raccolta delle firme consentirebbe solo ai giudici che raccolgono la fiducia e la stima dei loro colleghi sia concesso di entrare a fare parte del CSM. Questo “filtro” sulla qualità del giudice non ha attinenza con il sistema delle correnti ma attesta la qualità del giudice.


Fonte: Ministero dell’Interno