CGIE: CONFRONTO E APPROFONDIMENTI NELL’ULTIMA ASSEMBLEA

Questa settimana si è svolta l’Assemblea plenaria del Consiglio generale degli italiani all’estero, forse l’ultima se, come ha detto il Sottosegretario Giro, si riuscirà a votare per i COMITES entro quest’anno, o forse la penultima se il rinnovo slitterà di qualche mese.

Il CGIE oltre ad essere, com’è noto, un importante organismo di rappresentanza, è anche un osservatorio dello stato dell’arte delle politiche per gli italiani all’estero, il punto dove più s’increspano le onde se tira vento contrario o dove prima si coglie qualche raggio di sole se il cielo schiarisce.

La visita di noi parlamentari, dunque, non è mai un atto formale, o almeno non dovrebbe esserlo. Non l’è stato comunque per me perché mi sono sempre recata alle Assemblee con l’intento di informarmi e di imparare, ma anche con la sensazione di fare una cosa necessaria: stringere le forze e cercare insieme di frenare la difficile deriva che le politiche per gli italiani all’estero stanno conoscendo da alcuni anni.

Al CGIE sono anche intervenuta cercando di evitare convenzioni e ritualità assembleari. “Cercherò di non assumere parti tradizionali – ho detto – raccontando soltanto ciò che fa piacere sentire o lanciando messaggi “buonisti”, come quello che il nostro futuro è assicurato. Non lo è per nessuno di noi dell’estero e questa è la pura, sebbene amara, verità”.

Per questo è necessario mettere insieme tutte le espressioni, vecchie e nuove, dell’italianità all’estero. continuando a fare gli sforzi che ognuno di noi sta facendo nel cercare di sensibilizzare il governo italiano alle nostre problematiche, alle nostre esigenze. Perché la realtà e’ che noi – parlamentari, membri del CGIE e Comites – ci battiamo quotidianamente nel nostro piccolo per farci valere, per ricordare al governo italiano che noi non siamo un peso di troppo, che non siamo cittadini di seconda classe – anzi! – e che anche se preferirebbe chiudere due occhi e non uno alle nostre questioni, noi dobbiamo cercare di impedirglielo.  Il nostro senso di comunità ci dà la forza di persistere ed andare avanti.

Naturalmente, è necessario che dalla sua particolare postazione ognuno faccia la sua parte. Per quanto mi riguarda ho dato conto, com’è mio dovere di eletta, delle cose nelle quali mi sto impegnando a livello parlamentare. Ad iniziare dalla proposta di legge 606 sulla cittadinanza di cui sono prima firmataria, che in questi giorni si sta discutendo nella commissione Affari Costituzionali della Camera, insieme ad altre sullo stesso tema. E’ una discussione alla quale sto partecipando personalmente, sebbene non sia la mia commissione, perché ritengo che la capacità della donna di trasmettere la cittadinanza ai suoi discendenti dopo averla persa senza sua volontà per matrimonio con uno straniero, sia un diritto fondamentale e il non poterlo fare sia non soltanto arcaico, ma anche incostituzionale perché tocca il principio di parità tra i cittadini. Ma oltre a questo – forse l’ho già scritto su queste colonne – ho sempre cercato di trovare soluzioni ai problemi concreti degli italiani all’estero. Proprio per questo ho dedicato una buona parte della mia attività parlamentare ad iniziative rivolte a chiedere una migliore tutela dei nostri connazionali in materia di sicurezza sociale, di assistenza sanitaria e di fiscalità.

Per tutelare meglio i diritti previdenziali degli italiani nel mondo, infatti, ho chiesto il rinnovo dei tanti accordi di sicurezza sociale oramai obsoleti ed in particolare di quelli italo-canadese e italo-statunitense. Il Consiglio dei ministri, com’è noto, ha recentemente approvato l’accordo con il Canada che ora deve arrivare in Parlamento per la ratifica finale; ho interrogato il Ministero delle Finanze chiedendo di eliminare la doppia imposizione fiscale sulle pensioni erogate dall’Inps in Canada e anche in questo caso spero che il Governo mi risponderà presto positivamente. Mi ha fatto piacere constatare che lo stesso Consiglio generale ha focalizzato nei suoi lavori proprio questo tema delle convenzioni internazionali con una relazione della presidente della commissione affari sociali, Maria Rosa Arona, una relazione molto documentata e che essendo stata fatta propria dall’Assemblea rappresenta uno stimolo ulteriore al Governo perché, compatibilmente con le possibilità delle nostre finanze, si riapra un percorso di intese bloccato da tempo, con danno degli italiani all’estero e degli stranieri che vivono e lavorano in Italia.

Ho chiesto una riforma moderna del sistema di tutela sanitaria a favore dei cittadini italiani residenti all’estero o che si recano a lavorare all’estero, ed in particolare l’estensione delle cure ospedaliere urgenti gratuite a tutti i cittadini italiani iscritti all’Aire che rientrano in Italia per soggiorni temporanei, compresi i nati all’estero. Ho sollecitato la stipula di accordi per l’assistenza sanitaria con il Canada e con gli Stati Uniti, in mancanza dei quali gli italiani che si recano in Nord America e i nord americani, anche quelli di origine italiana, che vengono in Italia per turismo, devono ricorrere ad assicurazioni private molto costose. Ho raccomandato l’inclusione dei dipendenti pubblici e dei liberi professionisti nel campo di applicazione soggettivo degli accordi bilaterali di sicurezza sociale alla pari di tutti gli altri lavoratori; ho sollecitato il Ministero dei Trasporti a concludere accordi con Canada e Stati Uniti per la conversione e il riconoscimento delle patenti di guida.

Ma, naturalmente, l’Assemblea del Consiglio generale, oltre ad ascoltare gli interventi dei parlamentari, ha avuto molte altre cose da fare. Una di queste è la forte e costante sollecitazione di andare prima possibile al rinnovo dei COMITES e del CGIE, prima che la stanchezza e la delusione disperdano una forza preziosa come il volontariato, che resta l’asse portante del sistema di rapporti con l’Italia. Le risposte che il Sottosegretario Giro ha dato vanno in direzione del rispetto della legge, vale a dire dello svolgimento delle elezioni entro l’anno. Ormai non ci sono più alibi per nessuno. Le commissioni parlamentari hanno dato i loro pareri favorevoli, ma con osservazioni non di poco conto.

Purtroppo il regolamento elettorale predisposto dal Ministero è molto limitativo, dal momento prevede pochi seggi, di votare con esclusiva modalità elettronica e di dover ritirare personalmente le credenziali presso i consolati per il voto a distanza tramite internet. La caduta verticale della partecipazione potrebbe produrre un effetto domino anche sugli altri livelli della rappresentanza, riaprendo il dibattito sul loro costo e sulla loro utilità. La mamma dei nemici degli italiani all’estero è sempre incinta e ogni occasione è buona per rimettere tutto in discussione. Per questo, nella Commissione Esteri abbiamo ribadito al Governo che andare a votare subito è l’obiettivo primario, ma che, per fare in modo che sia una cosa seria, è necessario prevedere più seggi, anche utilizzando la generosa disponibilità del volontariato in emigrazione, integrare il voto elettronico con quello cartaceo e semplificare la consegna delle credenziali senza l’obbligo di andare presso i consolati. Staremo a vedere e certo non abbasseremo il livello di attenzione finché questa inaccettabile sospensione della democrazia non abbia termine.

Un altro punto che ha provocato un’appassionata discussione è quello della riforma del sistema di promozione della lingua e cultura italiane all’estero. Il Sottosegretario Giro ha ribadito l’intenzione del Governo di voler procedere finalmente ad aggiornare una normativa vecchia rispettivamente di 43 e 24 anni, confermando l’anticipazione che lo stesso Ministro Mogherini  aveva fatto in tal senso alla Camera. Ebbene, la Commissione Scuola e cultura del CGIE, in continuità con il lavoro degli ultimi tempi che ha portato alla tenuta del Seminario sulla lingua e cultura italiane all’estero presso il MAE, ha prodotto un documento dettagliato meritevole di molta attenzione. In esso si ipotizza un nuovo sistema capace di rimettere insieme le membra sparse dei diversi centri direzionali in cui l’intervento è diviso, di fare finalmente quel coordinamento sempre invocato e mai realizzato e, soprattutto, di avere un ente autonomo e altamente professionalizzato che costituisca nel mondo una rete di riferimenti, ognuno dei quali dotato a sua volta di autonomia sia per il sostegno all’insegnamento linguistico che per la promozione della cultura italiana a stranieri e a italiani d’origine. E’ questo il modo migliore per rispettare e aderire alle diversità dei contesti culturali nei quali l’intervento ricade.

Devo dire che, anche per la mia formazione e per il mio retroterra professionale, mi ritrovo molto in questa impostazione che mira a qualificare l’offerta linguistica e culturale e a considerare gli operatori che agiscono nelle varie realtà del mondo non solo come strumenti operativi di un’attività che cade dall’alto, ma come protagonisti attivi di un costante confronto interculturale. Non mancherò, comunque, di tornare su questo argomento non appena ci saranno concreti segnali di riforma che, come spero, ci daranno la certezza di essere arrivati ad un giro di boa di una politica decisiva per la ricollocazione dell’Italia nel mondo.   FLM